

La produzione di miele è da sempre molto diffusa nel nostro Paese, esordisce Angela Garofalo, nostra principale interlocutrice odierna.
Angela è la Responsabile nazionale del settore zootecnico presso il Dipartimento Sviluppo Agroalimentare e Territorio della CIA-Agricoltori Italiani, un’associazione che opera a tutela degli agricoltori; ma non è tutto, la nostra intervistata è anche membro del gruppo di lavoro Apicoltura e miele al Copa-Cogeca di Bruxelles, insomma una figura di rilievo ben preparata e assolutamente competente alla quale innanzitutto abbiamo chiesto di introdurci brevemente al rapporto che lega il miele all’Italia o, in altre parole, fornirci un’infarinatura generale sulla produzione di miele italiano.
Il miele italiano è un bene nazionale la cui produzione ha interessato nel corso degli anni tutta la penisola. Tra le regioni più produttive ci sono il Piemonte, che lo scorso anno ha prodotto ben 5000 tonnellate di ottimo miele, seguito dalla Toscana e dall’Emilia Romagna. Tuttavia l’intero paese si distingue per ottime performance, sia in termini di qualità, sia in termini di varietà.
Pensate infatti, cari lettori, che l’Italia detiene il primato mondiale per maggior numero di varietà di miele prodotto, se ne contano circa 50 tipologie, per quanto riguarda i mieli monoflorali, e dunque addirittura un’infinità di millefiori.
Ciò che poi rende ancora più orgogliosi è l’assoluta eccellenza di ciascuna di queste varietà di miele, tanto per gusto e consistenza, quanto per colore e aroma.
“Il miele italiano è un patrimonio unico al mondo per i suoi caratteri di naturalità, qualità e identità, per non parlare poi dell’abilità e della passione dei nostri apicoltori, fattori che contribuiscono enormemente alla qualità del prodotto finito”
Nel corso dello scorso 2019 in tutta Italia si è registrato un drastico calo della produzione di miele; da nord a sud, complice il maltempo e i cambiamenti climatici, le perdite di produzione osservate hanno implicato un danno di oltre 73 milioni di euro, un dato allarmante che, più nello specifico, ha visto un calo del -40% della produzione di miele di agrumi nel sud Italia e un quasi totale azzeramento della produzione di miele di acacia nel nord. Inoltre, ad aggravare questo già critico quadro economico, si sono aggiunte le difficoltà del mercato purtroppo stagnante a causa della concorrenza del miele d’importazione, spesso proposto a prezzi stracciati e, se paragonato al nostro, di bassissima qualità.
Contro chi o cosa puntare il dito? Non è semplice definirlo anche se, certo è che, mai come lo scorso anno i pesanti effetti del cambiamento climatico si sono scagliati contro l’apicoltura: caldo eccessivo, alluvioni, piogge continue e bruschi cali di temperatura hanno danneggiato le fioriture e compromesso, persino ostacolato alle volte, l’attività delle api.
La gravità della situazione non è infatti da considerarsi tale solo per le perdite economiche, occorre piuttosto osservare il tutto da una prospettiva più sensibile e comprendere che le stesse api, fondamentali per innumerevoli ragioni al nostro intero ecosistema, sono in pericolo.
La loro sopravvivenza, ci spiega Angela, è stata messa a repentaglio dalla carenza di nutrimento, e proprio a causa di questa grave diminuzione di cibo quale nettare e polline, numerose famiglie di api sono state trovate morte per fame. Molte altre, gravemente denutrite, sono state sfamate grazie all’alimentazione di soccorso e altre ancora sono state spostate dal loro habitat in cerca di un ambiente naturale nel quale vi fosse più cibo per poterle sfamare.
Tutti fattori che hanno inciso e dilatato i costi di produzione sommandosi al già registrato danno economico derivante dalle perdite produttive.
Insomma, un circolo vizioso dal quale sembra difficilissimo poter uscire. Ma non impossibile. La speranza infatti c’è e con essa i provvedimenti, le strategie e le manovre messe in atto dalle associazioni e dal governo per tentare di invertire la rotta, proteggere le api e la nostra produzione di miele, tutelare gli apicoltori dalla perdita di lavoro e salvaguardare l’intero pianeta dalle devastanti conseguenze che la scomparsa delle api dalla terra porterebbe.
“Basta dire che senza le api e gli altri impollinatori perderemmo gran parte dei vegetali che conosciamo e gran parte degli animali che di questi si nutrono. Senza le api vivremmo in un pianeta molto più povero di colori, odori e specie viventi. Ricordiamo che le api garantiscono la riproduzione di 71 specie vegetali che provvedono per il 90% circa all’alimentazione della popolazione del pianeta.”
Dopo tanta cruda realtà occorre bilanciare lo scoraggiamento con una buona dose di ottimismo, di fiducia e di speranza; per questo Angela ci racconta quali provvedimenti e manovre sono stati presi per risollevare la situazione attuale.
Ci ragguaglia innanzitutto sulla sempre maggiore attenzione al settore da parte della CIA-Agricoltori Italiani che, da sempre presente e attiva ai tavoli istituzionali, propone oggi soluzioni a tutela del lavoro degli apicoltori.
Gli stessi apicoltori hanno poi valutato come possibile soluzione l’incremento del loro patrimonio apistico, ossia la gestione di un numero sempre più elevato di alveari, fattore che consente loro di sopravvivere a livello economico.
Ancora, le organizzazioni apistiche del paese si sono dimostrate molto impegnate nella promozione del servizio di impollinazione, un fattore produttivo indispensabile in vista di un’agricoltura sostenibile, oggi necessaria più che mai. Sempre dal punto di vista della tutela ambientale e apistica, la CIA-Agricoltori Italiani s’impegna a sensibilizzare gli associati affinché non trattino le colture in fioritura con insetticidi e sostanze tossiche nei confronti delle api, preferendo invece prodotti fitosanitari specifici, consigliati per la corretta e sostenibile difesa delle coltivazioni.
Conclude poi Angela:
“Sosteniamo fortemente che l’apicoltura vada a di là di una mera attività generatrice di reddito, essendo piuttosto necessaria una visione ben più ampia e strategica dell’apicoltura che dovrebbe essere globalmente intesa come un bene comune mondiale indispensabile tanto per lo sviluppo rurale, per l’equilibrio ecologico, per la tutela delle biodiversità e per il benessere umano. Per tutte queste preziose ragioni, l’apicoltura deve necessariamente essere retribuita.”
Un grazie speciale ad Angela Garofalo per questo speciale confronto, l’informazione ci consente di essere preparati, consapevoli e dunque di poter agire e reagire con i nostri due strumenti più potenti, il cuore e la mente.
Appuntamento al prossimo martedì,
La redazione Un Pizzico.
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